- LAVORO...O FIGLI???-

La madre spesso quando ricomincia a lavorare dopo la gravidanza si sente sempre in colpa....Io le dico di tranquilizzarsi: sono convinto che il tempo dedicato al lavoro non danneggi il figlio, purchè:

° quando ritorna, abbracci, baci il neonato e gli altri eventuali bambini e sia tutta per loro almeno per 15-20 minuti; non telefoni, non riordini la casa e non mostri di avere altri pensieri; i figli infatti si condizionano facilmente ai ritmi materni, se sono regolari abbastanza; i bambini hanno una sorta di orologio psichico, e cominciano a piagnucolare proprio qualche minuto prima dell'ora del rientro, per poi aprirsi in grandi sorrisi all'apparire del volto in assoluto più amato e più atteso.

° segue personalmente la manipolazione più o meno giornaliere (bagno, capelli, unghie etc.)

° sia lei a somministrare al neonato, se possibile fino ai due anni di vita, almeno due pasti al giorno.

° dopo i due anni d'età, il figlio deve conoscere il posto di lavoro della madre e, più tardi, anche quello del padre; ciò aiuta a compensare il vuoto provocato dalla lontananza fisica.

La madre che lavora può danneggiare solo se stessa perchè se non è convinta di quanto ho detto, vive sempre sotto stress: pensa al figlio e ai bisogni della casa anche durante il lavoro, ritorna a casa affannata, fa una spesa arruffata e congestionata, e pur cercando aiuto è gelosa di chi l'aiuta.
Tengo molto che si ci ricordi sempre di una mia ferma convinzione, pur non dimostrabile scientificamente: le madri anche senza parlare trasmettono tutto al figlio, non solo fino all'adolescenza ma per tutta la vita; devono quindi pensare al figlio sempre in senso positivo, altrimenti egli se ne accorgerà. E' necessario credere in lui, trasmettendogli fiducia nella sua riuscita e nella sua crescita positiva, soprattutto durante le crisi evolutive, che sono punti cruciali e disarmonici dell'evoluzione cognitivo-affettiva.
La madre è comunque fortemente strutturata per natura, sa adattarsi più facilmente del padre alle diversità temperamentali del bambino, e riesce quasi sempre a modificare se stessa in funzioni di tali diversità.


Giovanni Bollea (neuropsichiatra infantile)